TRETRITRE

TRE TRIPLANI A TREVISO

di Maria Luisa Trevisan


Non si tratta di uno scioglilingua ma dell’esposizione di Tre componenti del gruppo Triplani a Treviso: Franco Cimitan, Pain Azyme eTobia Ravà, che sono tornati ad esporre insieme come gruppo, anche se in forma più ristretta, dopo la collaterale alla 53° Biennale di Venezia dal titolo Immaginodromotenuta nel 2009 a Forte Marghera, quale sezione di Krossing, allora con la partecipazione anche di Roberto Fontanella e Cesare Vignato, e presentati come in questa occasione da Maria Luisa Trevisan. Così come erano presenti tutti e cinque anche ad una precedente collaterale alla Biennale nel 1995,la 46°: Memorie ed attese 1895-1995, allestita a Villa Pisani di Strà.

Il loro personale punto di vista è ora come allora quanto mai attuale: con un linguaggio universale arrivano al particolare con l’obiettivo d’illuminare il cammino di tutti noi. Sotto l’effetto delle apparenze e a volte dell’ironia, di un linguaggio criptico e dei giochi di parole s’individuano le tematiche sostanziali dell’esistenza e si scorge una realtà conoscitiva basata sulla riflessione, attenzione, rispetto dei bisogni umani e delle ambiguità anche dolorose dell’esistenza.

Il gruppo nasce nel 1993 da un’idea di Umberto Daniele e dall’incontro di alcuni degli artisti partecipanti nel 1990 e 1992 alle Collettive Bevilacqua La Masa, di cui la 77aallestita al Padiglione Italia dei Giardini della Biennale di Venezia. Il nome non fa riferimenti al numero degli artisti che non sono tre, come in questa occasione, ma cinque: Franco Cimitan, Roberto Fontanella, Guerrino Pain, Tobia Ravà e Cesare Vignato. E non si tratta neppure di un gruppo neo futurista, anche se il nome potrebbe trarre in inganno, anche se vi è un richiamo all’aeropittura, genere praticato da alcuni pittori futuristi che erano anche aviatori. Il gruppo Triplani ha in effetti a che fare con il volo, dal momento che molte dello loro mostre hanno come sottotitolo Triplani raid, ma più che di velocità il loro volo è sinonimo di libertà dell’arte e dell’artista, di vuoto da riempire con la loro nuova teoria, che pone “in discussione l’effettivo potere connotativo dell’icona anche attraverso l’abbandono al piacere dell’immagine” come scrive il teorico del gruppo Umberto Daniele.

Più che ai futuristi Triplani ha sempre guardato piuttosto ai simbolisti ed ai surrealisti, tanto sono evocative ed oniriche le loro opere, per nulla chiassose ma, come il silenzio, colme di significati inesauribili, per dare valore all’ascolto, all’eco ed al vuoto, in cui si avverte però anche l’esistenza del precipizio. Il loro nome prende le mosse dalla linguistica, e più precisamente dalla semiologia biplanare di Greimas-Calabrese, basata sulla forma ed il contenuto del significante e del significato, ad essi viene aggiunto un terzo piano, quello dell’aura simbolica, come in quegli aerei a cui fu aggiunta una terza ala per aumentarne la superficie portante. L’aspetto simbolico e metafisico caratterizza la produzione del gruppo, che sviluppa un discorso artistico principalmente sul livello poetico dell’opera d’arte con l’idea di allargare gli orizzonti culturali.

Rispetto ad altre tendenze che in questi anni hanno solo puntato a sbigottire, stordire, fino a schifare, pur di raggiungere le copertine delle riviste d’arte, Triplani ha seguito un percorso laterale, svincolato dalle mode del momento, recuperando la dimensione del tempo, ridato valore alla storia, alla memoria, al passato, restituendo all’artista quell’aurea profetica, visionaria e psichica, emozionale, secondo la quale l’artista è colui che anticipa i tempi. Il loro scopo non è violentare il fruitore ma portare il mondo verso un miglioramento: illuminare il cammino verso il quale l’umanità possa elevarsi spiritualmente.

In opposizione all’arte povera, al minimalismo, al concettuale, hanno sviluppato un discorso basato sulla libertà espressiva della raffigurazione, che si può definire concettualismo estetico, dove ai valori tecnico-formali dell’opera sottostanno quelli etico-morali.

Nel ciclo Soglie Parallelei Triplani focalizzavano l’attenzione sul piano simbolico-poetico, con una lettura particolare del concetto di soglia, come limespsichico, area ibrida dai mutevoli significati, ineffabile zona di confine da attraversare per raggiungere l’alterità.

Se a livello formale sono ora più che mai diversi, nella mostra Triplani Rivelazioni, ammettendo a parole gli intenti che sottostanno all’opera, in alcuni casi attraverso vere dichiarazioni di poetica, dimostravano che i loro obiettivi non erano stati abbandonati ed anzi apparivano più forti che mai.

Anche ora il fine non è cambiato: allargare attraverso l’aura simbolica l’orizzonte dell’arte contemporanea, con il proposito di creare nell’opera una unità spazio-temporale ideale delle arti e delle culture.

Il loro progetto creativo sconfina in un’ideale umanitario: incidere in maniera profonda sugli animi, dimostrando che attraverso i sincretismi culturali è possibile superare qualsiasi barriera.

Riscontriamo sempre nelle opere di Franco Cimitan uno strano ma affascinante abbinamento tra poesia ed ironia, che nell’arte diventa un gioco di seduzione tra parola ed immagine. E’ un gioco che egli attua con la materia, non tanto con la bellezza, dove dietro le velature di cera, resta sempre qualcosa di celato.